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Il volume è stato realizzato grazie al sostegno
della Provincia di Pesaro Urbino e alla
Fondazione Cassa ri Risparmio di Pesaro 1841

a cura di F. Calcagnini eU. Palestini ( con la collaborazione di C. Cassar)
LA FABBRICA DEL VENTO
Accademia di Belle Arti di Urbino - Scuola di Scenografia 1990-2010

© 2010 - Pag. 242 - foto e illustrazioni a colori
Euro 45,00
ISBN 978 88 8000 89
1 0

Comitato scientifico: Rossano Baronciani, Emanuele Bertoni, Francesco Calcagnini,
Christian Cassa, Silvia Dolci, Anna Fucili, Sebastiano Guerrera, Paola Marian,
Umberto Palestini, Maria Rosaria Tartagli.
Ricerche documentarie e fotografiche: Silvia Dolci

con la collaborazione di Roberto Felicioni
Redazione: Anna Fucili
Segreteria amm inistrativa: Massimo Castellucci, Amneris De Angeli
Prog etto grafico: Emanuele Bertoni

UNA STORIA DI VENTO
di Umberto Palestini

Alla Mostra del Cinema di Venezia, negli anni Ottanta, fu proiettato come evento speciale fuori concorso il film-testamento del maestro Joris Ivens, Una storia di vento.
Dall'avvicendarsi discontinuo di immagini liriche e paesaggi struggenti, che incorniciavano la sua particolare autobiografia, emergeva potente la metafora del vento come elemento rigeneratore. La ricerca di Ivens, nonostante la dichiarata difficoltà a rappresentare l'elemento immateriale, risultava un'indagine poetica del soffio vitale, in grado di rivitalizzare le paludi del pensiero con la forza vivificante dell'aria.
Le immagini indimenticabili del grande regista francese tornano prepotenti ad affacciarsi alla mente nel momento in cui lo sguardo si posa sulle foto che documentano il ventennale lavoro prodotto nell'Aulateatro della Scuola di Scenografia dell'Accademia di Urbino. Esse rivivono per la naturale evocazione prodotta dal nome, macchina del vento, scelto dal gruppo di lavoro che ideò il particolare progetto didattico, incentrato sulla realizzazione di spettacoli teatrali, quale concreto laboratorio formativo della pratica scenografica. Anche altre ragioni, forse più significative, sembrano richiamare quell'opera filmica del documentarista: l'ampia libertà d'espressione e l'idea di una ricerca continua.
Parole, queste, prese in prestito da Christian Cassar, nell'intervista pubblicata nel volume, che esprimono alcune linee metodologiche caratterizzanti i modelli formativi seguiti, comune intento didattico di tutti i docenti della Scuola di Scenografia.

 
  Decidere di progettare spettacoli che non rimangono solo sulla carta, ma si concretizzano davanti ad un pubblico e affrontano la prova maestra del debutto, significa avere il coraggio di costruire una macchina o una fabbrica laboratoriale di cui la scenografia, pur elemento cardine, diventa solo un tassello.
L'intera sezione di allievi e docenti si mette in campo in un lavoro polifonico in cui la scelta dello spettacolo da realizzare è il canovaccio da cui sviluppare suggestioni e idee supportate da schizzi, materiali, reperti iconografici che si dipanano, come il filo d'Arianna, dentro il labirinto della creazione. La didattica, rivitalizzata dalle ventate dell'entusiasmo e dalle correnti dell'ideazione, si trasforma in prassi operativa: un salutare percorso in cui l'ipotesi progettuale trova conferma, anche con vistose differenze, attraverso il complesso meccanismo di messa a registro durante la sua realizzazione. Il processo innescato fa concretizzare l'intuizione attraverso l'uso paziente della manualità che traduce in modelli spaziali il progetto e applica il rigore della realizzazione, artigianalmente alta, per rendere esplicita l'intenzione. Scegliere un testo, analizzarlo e trasporlo in immagini funzionali alla sua rappresentazione, ideare e realizzare spazi dentro i quali collocare accadimenti e azioni, illuminare palcoscenici che creano luoghi poetici ed illusori: ecco la particolare magia che solo il teatro riesce ad esprimere, coniugando linguaggi molteplici, conoscenze e competenze. Mettere in scena uno spettacolo significa crescere grazie alla forza propulsiva della sperimentazione e alla tensione innescata dal lavoro che si rispecchia nella concreta fisicità dell'evento.
Documentare, quindi, un ventennio di attività di ricerca e sperimentazione prodotta con e per gli allievi nelle aule della Scuola di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti di Urbino vuol dire tracciare un bilancio di un'esperienza unica nel panorama dell'Alta Formazione Artistica in Italia. Questa ricerca ha visto avvicendarsi, nella realizzazione di spettacoli memorabili che hanno ricevuto riconoscimenti ufficiali dalla stampa, Gabbris Ferrari, Christian Cassar, Fabrizio Crisafulli, Francesco Calcagnini, coadiuvati dai docenti dei vari corsi attivati nella nostra istituzione, impossibili da elencare dato l'enorme numero di collaborazioni. È come se l'Accademia stessa si rispecchiasse nella felice esperienza di quest'avventura creativa, che si è conquistata l'apprezzamento di prestigiosi enti come il Rossini Opera Festival, che ha debuttato nei cartelloni di importanti teatri fino ad essere invitata al Palazzo delle Esposizioni a Roma con Dialogo della vecchia gioventù, in una rassegna dedicata al teatro di ricerca in Italia.
 
  L'orgoglio e la soddisfazione per i risultati raggiunti, attraverso spettacoli firmati dagli stessi allievi, potranno essere consolidati nel momento attuale, grazie alla stabile collaborazione con il ROF , concretizzata con la firma delle scene del Demetrio e Polibio di Rossini.
Rimarchevole è anche l'attenzione, per il lavoro fin qui svolto, del Teatro Regio di Madrid che ipotizza future sinergie. Da segnalare come questa rilevante esperienza didattica sia stata possibile grazie al concreto supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro a cui va il sentito ringraziamento per aver finanziato gran parte degli spettacoli prodotti dall'Accademia, testimoniando una sensibilità rara nei confronti di un'istituzione formativa e dei suoi giovani allievi. Sapendo che nella sede della Scuola di Scenografia ha debuttato il nuovo lavoro, Certo lui non sa, basato su un testo di Italo Calvino, in cartellone nella rassegna Teatroltre, non possiamo non sentirci felici perché l'avventura continua.
Un'avventura che, come nell'ultima opera di Joris Ivens, nonostante l'autore fosse alla fine del suo percorso creativo, testimonia la forza che non abdica alle regole del convenzionale e persegue l'indomita volontà sperimentale.
L'augurio è che il volume La fabbrica del vento sia solo la prima testimonianza di un modello esemplare di didattica legata alla ricerca sul campo, senza la quale la teoria rimarrebbe mera speculazione. Il desiderio è che la sezione
continui a sperimentare e costruire eventi capaci di sondare tutti i possibili sogni e rappresentare persino l'irrappresentabile: una storia di vento.
 
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