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FESTIVAL DI CANNES 2004
QUANDO E' L'AMERICA A BENEDIR LE PALME

 

Una rondine non fa primavera. Ma due rondini? Tre rondini?

Non lo sappiamo. Sappiamo per certo che l'arrivo delle rondini è il segno del tempo che muta e va avanti. Così è per le stagioni, per le mode ed anche per il cinema. Soprattutto nei periodi di equinozi cinematografici, come in questo, scanditi e determinati da Festival e Mostre.

Manifestazioni queste che spesso divengono così, punti di riferimento per il mercato della distribuzione cinematografica di pellicole che, altrimenti, non avrebbero avuto particolare risalto nell'ampia e variegata offerta cinematografica annuale di massa.

Prendiamo il Festival di Cannes, ad esempio. Il 2000 fu l'anno del “Dogma” e Lars Von Trier conquistò la Palma d'Oro con il suo “Dancer in the dark”. L'anno scorso fu la volta del cinema indipendente americano di Gus Van Sant: “Elephant” stregò la giuria del Festival e mise tutti d'accordo. Oggi, in questa cinquantasettesima edizione del Festival, la Palma d'Oro è andata al discussissimo film documento “Fahrenheit 9/11” dell'americano Michael Moore. Le vittorie del cinema indipendente, di quello che spesso, in passato, ha fatto a meno del mercato. Una nuova moda del cinema? Cambiamenti di rotta nella piccola città francese? Una Palma. Una palma benedetta, quest'anno, anche dallo speciale Presidente di Giuria: Quentin Trantino - anch'egli, guarda caso, americano. A Cannes, dunque, vince l'America, vince l'America che sfida la politica americana di G.W. Bush e che si addentra, con l'obiettivo politicamente schierato, nei meandri dei rapporti economici e familiari tra la il Presidente Americano e Osama Bin Laden. L'America che premia l'America, in Francia. Quentin Tarantino che, guarda caso, premia un regista che distribuisce i suoi film con la sua stessa casa di distribuzione: la Miramax. Conflitto di interessi? Misteri cinematografici. “Fahrenheit 9/11” che - a detta del regista già Premio Oscar l'anno scorso per “Bowling a Colombine” - indica la “temperatura a cui brucia la libertà”, ha fatto irritare soprattutto Ray Bradbury, lo scrittore statunitense del celeberrimo libro “Fahrenheit 451” da cui François Truffaut nel 1966 ne trasse il film.

La reazione dello scrittore infatti, al ritorno di fiamma per la sua opera e, all'annuncio del film di Micheal Moore (che doveva in principio essere prodotto da Mel Gibson e che in seguito ha rinunciato per timore di ulteriori polemiche dopo “The Passion”) è stata piuttosto lapidaria: “ non può usare il mio titolo. Troppa confusione. Se proprio vuol farmi un omaggio, lo intitoli così: Dove diavolo è finito Bradbury adesso che il mondo ha bisogno di lui? ”.

Dunque, “cinema di lotta” e non solo quest'anno nella famosa Croisette Francese.

Ma anche cinema e memoria. Memoria con una serie di film dedicati ad alcuni personaggi che hanno fatto la storia del nostro secolo. E' il caso della figura di Ernesto Che Guevara che traspare da “I diari della motocicletta”, road-movie di Walter Salles che ripercorre il primo viaggio in moto che il Comandante Rivoluzionario fece nel 1952 con il suo compagno Alberto Granado. E' il caso anche dell'ultimo film di Stephen Hopkins che, con il suo “The life and the dead of Peter Sellers” vuol ricordare una delle figure più eclettiche del cinema mondiale, Peter Sellers appunto.

Un'edizione del Festival stramba, questa del 2004 che, pur non disdegnando il cinema europeo non ha saputo neppur ben gratificare il cinema asiatico (vera e propria passione del Presidente Tarantino), anch'esso nutritamente rappresentato. Ecco allora il grande escluso dal parterre dei papabili della Mostra: il sofisticato maestro cinese di “Hong Kong Express”, Wong Kar Wai.

Il suo super favorito “2046” , film sull'incontro tra uno scrittore ed una fanciulla androide uscita dalla sua penna tanti anni prima, è rimasto a bocca asciutta. Tra gli altri premi al cinema asiatico ricordiamo il Premio della giuria a “Tropical Malady” del Tailandese A. Weerasethakul ex aequo con “Ladykillers”- remake dei fratelli Coen di una gloriosa commedia britannica “La signora omicidi” di Alexander Makendrick. - e il premio come miglior attore a Yagira Yuuya per l'interpretazione in “Nobody Knows” del giapponese H. Kore Eda.

E gli italiani? Dopo la vittoria “Morettiana” nel 2001 con “La stanza del figlio”, il cinema italiano anche se non ha più ricevuto grossi premi (eccezion fatta per “Il cuore altrove” l'anno scorso), è stato anche quest'anno ben presentato. Cinque i titoli presenti alla Mostra di cui uno, “Le conseguenze dell'amore” di Paolo Sorrentino, nel concorso ufficiale. Alla sezione “Un certain regard”, Sergio Castellitto ha presentato il suo “Non ti muovere”, film tratto dall'omonimo romanzo Best Seller della moglie Margaret Mazantini. Alla sezione della “Semaine de la Critique” Roberto Andò ha partecipato con la sua ultima opera “Sotto falso nome” mentre alla “Quinzaine des réalisateurs”, Mario Martone ha presentato “L'odore del sangue” e Gianikian e Ricci Lucci (autori italiani di documentari italiani sconosciutissimi al grande pubblico) hanno partecipato con il loro “Oh, uomo!”.

Per ulteriori informazioni: www.festival-cannes.fr/

 

Il manifesto del festival

 

Michael Moore premiato con la Palma D'Oro

 

Yuuya Yagira premiato come miglior attore per "Nobody Knows"

 

Il regista Apichatpong Weerasethakulriceve il premio della giuria per Tropical Malady

Samuele Baccifava
   
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